METAK
2015
Il progetto Metak (proiettile in lingua bosniaca) è un lavoro sui legami famigliari e sulla guerra.
Dopo una lunga video-intervista a mio nonno attraverso la quale ho ricostruisco la sua vicenda di partigiano durante la seconda guerra mondiale nella zona dei Balcani, sono partito per un viaggio con lo scopo di ripercorrere le sue tappe di soldato e riportare, nel luogo dove fu sparato, il proiettile che lo ferì 70 anni fa e che tenne in un polmone per oltre trent'anni prima che, nel 1975, i progressi della chirurgia non permisero di estrarlo con un complessa operazione.
Prima del viaggio ho ricostruito in scala la copia esatta del proiettile (incredibilmente corroso dal corpo di mio nonno) scegliendo per le dimensioni l'altezza di mia figlia alla nascita. Nel video Uspavanka (ninnananna) si vede l'artista stesso colto nell'atto di cullare il proiettile di argilla col sottofondo di una ninnananna bosniaca. Il gesto è infinitamente contraddittorio ed evoca, da una parte, i legami famigliari che sono nati dalla forza di un soldato che ha lottato contro la morte, dall'altra quello ineludibile e tragico dell'uomo con la guerra attraverso i secoli.
Nel corso del mio lungo viaggio e soprattutto su quel prato dove mio nonno fu ferito settant'anni fa, ho avuto la strana sensazione di essere io stesso figlio di quei luoghi lontani, figlio di un soffio di vento nella direzione sbagliata, di una distanza troppo breve o troppo lunga, di una piccola esitazione, di una leggera torsione del corpo, del caso. Il giorno in cui arrivai sul prato di Nova Gradiska pioveva, ma c'erano i fiori come in quella lontana primavera; i fiori, l'erba, i boschi e persino le persone che abitano quei luoghi non hanno memoria né coscienza di quello che successe a mio nonno e a tanti altri giovanissimi soldati, il presente lavoro serve anche a questo, a resistere all'oblio.
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